metamorfosi
“Camminando lungo la riva, con il cielo immerso in tonalità di rosso, osservai l'acqua che, sedotta dalla luna, incideva sagome di alberi spogli nella sabbia. All'improvviso mi ritrovai perso in una foresta priva di colori, alla deriva, nella palude del tempo”.
L’oceano, grazie alle maree, scolpisce il suo disegno nella sabbia, creando un motivo sempre diverso che resiste fino alla metamorfosi successiva. Ogni onda insegue la precedente, mai la stessa ma sempre allo stesso modo — una condanna infinita. Come un artista che, tormentato dall’amore, distrugge la propria opera. Questa creazione assomiglia a una foresta, tormentata come il confine tra terra e mare, graffiata sulla battigia dalla mano dell'oceano.
A un primo sguardo è difficile immaginare che quelle architetture naturali così complesse possano svanire da un momento all’altro, ma poi l’oceano cancella tutto, reclamando il suo ruolo di demiurgo eterno.
Le fotografie di questa serie, che ricordano le incisioni di Dürer e le illustrazioni di Gustave Doré, rivelano foreste desolate, ma forse incantate, che meravigliano lo spettatore con il fascino dell’inquietudine. Una realtà ignota, pericolosa ma attraente come i gorghi del nostro animo, dove il tempo non è più percepito nel suo divenire ma si manifesta soltanto come limite, fine ineluttabile di ciò che già dalla nascita è destinato a una labile esistenza.
Addentrarsi in questi paesaggi effimeri rivelati dalle onde dell’oceano è unmodo per cercare delle risposte in una realtà soggettiva ma al contempo totalmente ingovernabile. E quello che a una prima occhiata sembrerebbe uno spazio angusto, irto di pericoli, rivela orizzonti lontani. Cieli in tempesta, nebbie perenni e nuvole minacciose che si confondono oltre gli alberi spogli di una selva oscura che pone un interrogativo all’osservatore: fuggire, sapendo che tra poco ciò che si vede già non sarà più, o restare e intraprendere il viaggio che il caso ha deciso per noi?